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RAIMONDO LANZA DI TRABIA (ARCELLASCO, 9 SETTEMBRE 1915 – ROMA, 30 NOVEMBRE 1954)

è stato un diplomatico e dirigente sportivo italiano.

Era figlio naturale di Giuseppe Lanza Branciforte, Principe di Scordia (primogenito del Principe Pietro e unico discendente maschio dopo la morte in guerra dei due fratelli) e della nobildonna veneta Maddalena Papadopoli Aldobrandini, Principessa Spada Potenziani.

Grazie all’intervento della nonna paterna, Giulia Florio, presso Mussolini, con un provvedimento speciale analogo a quello creato ad hoc per il Conte Volpi di Misurata, fu legittimato quale figlio di Giuseppe (con l’attribuzione del nome Lanza Branciforte di Trabia e dei diritti ereditari) col fratello minore Galvano (nato nel 1918) successivamente alla morte del padre.

Mentre il fratello Galvano crebbe con la madre, Raimondo fu allevato a Palermo a Palazzo Butera dai nonni paterni, Pietro e Giulia di Trabia, cui erano premorti nella grande guerra già due figli maschi (di tre). Portò il nome dei Lanza per decreto di legittimazione successivo alla morte del padre, nel 1927.

Nel 1936 partì volontario con le truppe italiane per la guerra di Spagna a fianco dei Franchisti e combatté nella battaglia di Guadalajara. Fu ufficiale dell’Esercito italiano fra il 1940 e il 1943 e, dopo l’armistizio, fu aiutante di campo del Generale Carboni e agì quale ufficiale di collegamento con le Forze Alleate fino al 1945. In quegli anni frequentò e fu amico di Galeazzo Ciano, Curzio Malaparte e Gianni e Susanna Agnelli e, dopo la guerra, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Aristotele Onassis.

Restaurò in quegli anni ed abitò il Castello di Trabia, di cui la figlia Raimonda sarà, dopo secoli di dominio, l’ultima discendente della famiglia Lanza a trascorrervi le estati, mentre la settecentesca Villa Trabia a Palermo, il Castello di Mussomeli e molti altri possessi storici dei Butera-Trabia, furono tutti alienati con l’eccezione di Palazzo Butera sul lungomare di Palermo, ancora della famiglia.

Studiò anche in Inghilterra e si trasferì a Parigi per seguire la carriera diplomatica anche in conseguenza della scoperta di una sua relazione con una donna nobile che destò molto scalpore.

Ebbe relazioni internazionali con personaggi di rilievo del suo tempo, fu uomo brillante, avventuroso e mondano, ebbe flirt con molte donne famose come Rita Hayworth e Carrol Baker, viaggiò sovente in Europa e Stati Uniti.

Divenne presidente del Palermo il 26 gennaio 1951. Con la squadra al primo posto del campionato, partì in Persia ospite dello scià Mohammad Reza Pahlavi con il quale intrecciò rapporti di amicizia e di affari.

Lasciò la presidenza del Palermo il 30 giugno 1952. Uno dei suoi successori fu Arcangelo Alù, al quale venne giocato uno scherzo per il quale il barone incolpò Raimondo Lanza, sfidandolo a duello. Così Raimondo, che era un ottimo spadaccino, si allenò con Emilio Salafia, campione olimpionico degli anni trenta; il duello iniziò ma venne presto interrotto.

A lui si deve l’invenzione del calciomercato insieme al tecnico Gipo Viani con il quale si incontrava all’Hotel Gallia di Milano. Fu lui a scoprire Helge Bronée che acquistò dal Nancy per 40 milioni. Grazie ai suoi rapporti con il mondo dello sport portò a Palermo molti giocatori di valore.

Era appassionato di corse automobilistiche e fu protagonista di alcune edizioni della Targa Florio; era inoltre interessato ad altri sport di squadra oltre al calcio, come ad esempio la pallanuoto. Nel 1953 sposò l’attrice Olga Villi da cui ebbe le figlie Venturella (nate nel 1953) e Raimonda (nata postuma nel 1955).

Il suo originario ingente patrimonio, inclusivo di attività minerarie e derivante in parte dalle sostanze dei Florio entrate a far parte del patrimonio dei Lanza di Trabia e Butera, si polverizzerà del tutto nel corso degli anni 50 e 60, subendo un colpo considerevole a causa della riforma agraria e della crisi delle zolfare.

Morì nel 1954, in circostanze misteriose e mai acclarate, in seguito a una caduta da una finestra del primo piano dell’Hotel Eden di via Ludovisi a Roma.

La sua tragica morte ispirò Domenico Modugno per la canzone Vecchio frac. A lui è intitolata una società pallavolistica di Trabia, militante nel campionato regionale di Serie D femminile. Su di lui sono stati scritti molti saggi e romanzi, quali “Vestivamo alla Marinara” di Susanna Agnelli, “Il Principe Irrequieto” di Vincenzo Prestigiacomo, “Il Grande Dandy” di Marcello Sorgi, e, in ultimo, “Mi Toccherà Ballare” pubblicato dalla figlia Raimonda e dalla nipote Ottavia Casagrande nel 2014.

IL PRINCIPE NEL RACCONTO DELLA FIGLIA RAIMONDA

 Non ho mai conosciuto mio padre: sono nata due mesi dopo la sua morte, e si può dire che ho provato di tutto per conoscerlo, infatti sono nata settimina, ma comunque troppo tardi.

Per questo non lo chiamo papà ma semplicemente Raimondo. E per questo, con mia figlia Ottavia, abbiamo provato a raccontarlo nel libro “Mi toccherà ballare” (edito da Feltrinelli).

Raimondo era bello, spiritoso e inafferrabile, generoso, guascone e inventivo, coraggioso al limite dell‘incoscienza, e probabilmente troppo confidente nell’Immutabilità di un mondo fortunato cui molto era permesso.

Una combinazione che lo rendeva irresistibile agli occhi delle donne e della nonna Giulia (nata Florio) e facile alle grandi amicizie con chiunque rispondesse ai suoi canoni liberali e libertini. Si fece anche dei nemici pericolosi per l’istintiva insofferenza verso l’arcaico e mafiosissimo mondo siciliano e le violente imposizioni politiche dell’epoca (ad esempio in campo petrolifero). Leggendo il libro si può capire perché la sua morte è tuttora avvolta nel mistero.

Certo ha avuto la fortuna di una nascita e un’infanzia degne di un romanzo di Dumas e ha attraversato, sempre in movimento, i cinquanta anni più importanti per la storia d’ Italia. Conobbe tutti i protagonisti dell’epoca: nella guerra di Spagna (adorato dai Borbone, dai franchisti e dai repubblichini), nelle vicende italiane fra il ‘37 e il ‘46, intimo della coppia Ciano pur detestando Mussolini, a fianco degli americani quando Badoglio firmò l’armistizio, sempre saltellando avanti e indietro fra le due Italie in guerra fra loro.

La nascita cosmopolita, l’estrema libertà di cui godeva e l’insofferenza per ogni ambiente chiuso e autoreferenziale lo resero uomo di relazioni ben oltre i confini italiani. Come dissi, aveva combattuto come volontario la guerra di Spagna, ricevendo subito una medaglia a soli 22 anni, era poi diventato agente segreto per la SIM (Servizio informazioni militari durante la seconda guerra mondiale) per poi lavorare per la OSS, cioè la CIA Americana, adorava in guerra travestirsi per burlare il nemico: insomma fu un uomo fortunato cui nulla andò storto fino ai primi anni ‘50, quando gli scricchiolii dei grandi mutamenti sociali iniziarono a farsi sentire.

Era anche molto italiano, secondo i cliché dell’epoca, amava il calcio, la velocità e quindi le automobili, le donne intelligenti, le attrici e la buona musica; da qui la sua amicizia con Domenico Modugno, che alla sua morte gli dedicò la canzone UN UOMO IN FRAC.

Il calcio: da ragazzino giocava scalmanato, scriveva a sua madre (che viveva fra Roma e Venezia) le ideali formazioni delle squadre (il fantacalcio) e non per nulla dopo la guerra inventò il calciomercato, prima le riunioni si tenevano in un anonimo albergo in via Lazzaretto a Milano, lui spostò la sede dell’organizzazione al magnifico albergo Gallia vicino alla stazione, dove gli incontri erano febbrili per settimane letteralmente incandescenti tanto che le “signorine del fumo” erano addette solo a svuotare i portacenere.

Tutto al riguardo è stato raccontato, da me, da Susi Agnelli nel suo libro e da altri scrittori e giornalisti affascinati dalla vitale libertà di quel personaggio, per una volta al tempo stesso ricco e simpatico.

Raimondo viveva al telefono, riceveva i presidenti dei club nudo immerso nella vasca da bagno per metterli in soggezione, con un bicchiere di champagne in mano e spingerli a trattative velocissime pur di liberarsi dall’imbarazzo, si era comprato per sé e per una cifra iperbolica il calciatore Bronée tanto che quando morì noi ereditammo il calciatore; la storia parve così strampalata a Garinei e Giovannini che ne trassero una piece teatrale “LA PADRONA DEL RAGGIO DI LUNA”.

Poi, da presidente del Palermo calcio, portò il Palermo alla serie A.

Fu adorato e osannato da tutti i tifosi perché aveva il common touch anche con le persone semplici e anche i calciatori erano disposti a tutto, durante gli allenamenti alla Favorita dove Raimondo li seguiva a cavalcioni di un vecchio motorino GARELLI, sparando in aria per farli ridere e per obbligarli a correre più veloce…

La cosa che ancora oggi stupisce è la modernità di molte sue intuizioni: lo sport come grande passione nazional popolare, il turismo su larga scala ancora tutto da inventare, l’importanza di liberarsi dal gioco delle sette “sorelle “americane del petrolio e della visibilità per il successo. Si pensi che nel ‘48 dopo la guerra in Sicilia non esistevano più strade decenti e lui riuscì con il suo charme a convincere l’allora presidente della regione Alessi a finanziare una nuova edizione della targa Florio alla quale Raimondo invitò i più famosi piloti dell’epoca tra cui Nuvolari col risultato che il circuito fu rimesso a nuovo e ci furono edizioni fino agli anni più recenti.

Insomma molto si è detto e scritto, chi l’ha conosciuto (e ad essi molto devo) l’ha molto amato. Certo bisogna aver voglia di aprire vecchie pagine e alcuni libri essenziali per arrivare a farsene un’idea.

Sono felice che il CALCIOMERCATO sia tornato a casa…

Raimondo da lassù sarà contento ed io felice che questi luoghi storici continuino a esistere!

Nelle foto:

  • Il principe Raimondo Lanza di Trabia
  • Il principe con la moglie Olga Villi, grande attrice del teatro e del cinema
  • Il principe con Aristotele Onassis
  • Il principe con Gipo Viani

 

 

 

 

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